Eleonora Duse
I Sala. Ricordi familiari

I Sala. Ricordi familiari

La prima sala, quella più piccola, è suddivisa in due postazioni, Infanzia e Giovinezza. Il percorso espositivo inizia con la storia dei comici dell’Ottocento e della famiglia Duse, famiglia di attori itineranti specializzati nelle opere goldoniane e rilievo è dato ad una traduzione di un appunto di Giuseppe Primoli, il quale posticipa di un anno la data di nascita di Eleonora, ovvero il 3 ottobre 1859 (anziché il 1858), per mitizzare la figura dell’amica, collocando la sua nascita nell’anno della Prima guerra del Risorgimento .
Dalla seconda metà degli anni Sessanta «la grande generazione del Venti (Ristori-Rossi-Salvini) «cominciò a perdere lo smalto» come ha scritto Alessandro d’Amico in un saggio sul rapporto fra «teatro verista» e «grande attore ». Della generazione successiva spiccano Giacinta Pezzana, Giovanni Emanuel, Virginia Marini e Adelaide Tessero. In particolare la recitazione di Giacinta Pezzana e Giovanni Emanuel si contrappone ai “manierismi classicisti” e al “barocchismo” dei «grandi attori» quali Adelaide Ristori, Ernesto Rossi e Tommaso Salvini.

Ritratto di Alessandro Duse

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Guerrieri quindi ricostruisce la biografia dusiana iniziando dalla figura del nonno Luigi, impiegato che lascia il suo posto al Monte di Pietà per dedicarsi interamente al suo amore per le scene (recitava già con i Filodrammatici). È scritturato quindi come primo attore giovane nella compagnia di Angelo Rosa, dove vi rimane per tre anni, fino a quando fonda una propria compagnia che si esibisce al Teatro Diurno di Padova, uno spazio esterno che accoglie attori girovaghi che alternano farse, drammi e maschere della Commedia dell’Arte . Luigi Duse, intorno al 1830, inventa la maschera di Giacometo Spasemi. Guerrieri ne ricorda sul catalogo della mostra le farse: I Due Giacometi, Giacometo prima donna tragica, La Cavalcata de Sior Giacometo e Così piace alle donne .
Nel 1834 Luigi Duse fa costruire a sue spese un nuovo teatro, il Teatro Duse, dove recitano anche i figli Giorgio e Alessandro con le rispettive mogli col ruolo di prime donne, Alceste Maggi (moglie di Giorgio) e Angelica Cappelletto (moglie di Alessandro e madre di Eleonora). Solo il fratello Enrico non partecipa all’impresa, scegliendo una carriera solitaria ed errante tra la Sardegna e la Puglia.
Eleonora, come tutti i figli d’arte, cresce sul palcoscenico, e a soli quattro anni recita nella compagnia di famiglia, a Chioggia, la parte di Cosetta, personaggio tratto dal romanzo I miserabili di Victor Hugo. Ma la sua infanzia è infelice e faticosa ed Eleonora cresce peregrinando da una città ad un’altra, come ricordato anche nella biografia di Olga Signorelli.

La madre si ammala sempre più frequentemente, e a dodici anni la sostituisce nei ruoli di protagonista della Francesca da Rimini di Silvio Pellico, e della Pia dé Tolomei di Carlo Marenco; nel 1873 ottiene il primo ruolo stabile quando è scritturata «come ultima per le parti ingenue nella compagnia Duse-Lagunaz, quella stessa nella quale aveva già recitato all’età di cinque anni».
Scrutando le fotografie in cui riveste questo ruolo, salta all’occhio un particolare che sembra connotare la sua recitazione fin dagli esordi: un mazzo di fiori. Quest’oggetto di scena lo si ritrova sui vestiti, nelle mani o sul palcoscenico in tante sue interpretazioni: esemplare è infatti l’annotazione che compare sul retro di una fotografia conservata presso la Fondazione Cini, scattata da Paul Audouard, in cui si paragona l’interpretazione di Giulietta e Romeo con La signora delle camelie attraverso la dicitura “Eleonora Duse as Marguerite in Camelien dame, Giulietta e Romeo”.

Eleonora Duse nel ruolo di Margherita Gautier, nel dramma La dame aux camélias di Alexandre Dumas figlio. Fotografia di Paul Audouard (1882)

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Il 1873 è lo stesso anno in cui Eleonora viene a conoscenza della prematura morte della madre Angelica quando una sera a Verona, alla fine di un secondo atto di una recita, il capocomico le consegna un telegramma riportante la tragica notizia: la madre è morta sola in un ospedale di Padova. Lei però riesce a trattenere il dolore e le lacrime e continua a recitare fino alla fine dello spettacolo. A quattordici anni rimane orfana di madre, ma conquista l’Arena di Verona recitando la Giulietta shakespeariana. Di sua madre le rimane un minuscolo ritratto, che portò con sé per tutta la vita come se fosse un talismano . L’anno successivo passa nella compagnia Benincasa con il padre, dove recita il ruolo della “seconda donna”.
Nel 1875 Alessandro Duse rinuncia alla compagnia familiare e si scrittura insieme alla figlia Eleonora in varie compagnie, da quella di Luigi Pezzana e Brunetti, in cui è la seconda donna, a quella di Adolfo Drago-Isolina Piamonti e Ciotti-Bozzo-Belli Blanes, in cui è assunta con il ruolo di “prima amorosa”.
Questi sono gli anni delle sue più penose tribolazioni artistiche. Nella compagnia di Adolfo Drago e Ettore Dondini non è più richiesta la presenza del padre, suo unico amico, e lei si ritrova da sola, sbeffeggiata dai compagni per i suoi umili e consunti vestiti, e che scambiano per superbia la sua riservatezza. Inoltre il pubblico provinciale che assiste ai suoi spettacoli, abituato alla recitazione retorica, non è in grado di apprezzare la personalità artistica di Eleonora e la sua recitazione derivata direttamente dalle proprie esperienze vissute, e perciò, durante la stagione della compagnia Drago a Trieste, il capocomico la esclude dal repertorio. Guerrieri chiude così l’allestimento della prima sala e la prima parte della narrazione, con l’apparato iconografico incentrato sul luogo d’origine di Eleonora, Vigevano, sul Teatro Duse di Padova, un ritratto di Giacometto, una locandina della Compagnia Fratelli Duse, un ritratto di una giovane Eleonora a 18 anni e con i ritratti delle attrici con cui Eleonora Duse recita (Ristori, Pezzana, Marini).

Virginia Marini nel ruolo di Messalina (1876)

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Ciò che colpisce, innanzi tutto, delle immagini di Eleonora Duse, è quello che Gerardo Guerrieri definiva «pudore fotografico» . Le sue fotografie scarseggiano, rispetto al numero consistente di quelle che immortalano altre attrici sue contemporanee, come Adelaide Ristori o Sarah Bernhardt.
Del rapporto Duse-Ristori è indicativa la fotografia scattata dallo Stabilimento Bettini di Livorno, che ritrae Eleonora nel ruolo di Odette – nell’omonimo dramma di Victorien Sardou messo in scena nel 1881 – con dedica a Ristori. Sul suo ritratto Duse scrive: «Ad Adelaide Ristori – umilmente». Da questa breve dedica si evince non solo la devozione della Duse nei confronti dell’attrice, ma anche l’ammirazione provata per le sue capacità imprenditoriali. Ristori infatti è stata la prima attrice italiana ad effettuare nel 1855 tournée in Europa, Russia e America – recitando perfettamente in inglese e francese – e senza, inizialmente, gli agi della collega francese Sarah Bernhardt, la quale viaggiava con tutti i confort. Come Eleonora, Ristori era figlia d’arte (fece la sua prima apparizione in scena a soli tre mesi). Suscitò scandalo il suo matrimonio con il marchese Giuliano Capranica del Grillo – ciò che le permise, tra molte altre agiatezze, di poter acquistare un vagone ferroviario personale da utilizzare nelle sue tournée, proprio come aveva fatto Sarah Bernhardt. E da Adelaide Ristori Duse impara a gestire le compagnie teatrali come imprese.

È noto che D’Annunzio volle trasfigurare nei personaggi di Foscarina e di Stelio Effrena i rispettivi alter ego di Eleonora e di se stesso, e volle rendere immortale non solo la loro storia d’amore ma anche la carriera stessa dell’attrice. La figura di Duse è presente nel Vittoriale degli italiani attraverso due fotografie, entrambe scattate durante una tournée: il primo scatto è stato realizzato da Paul Audouard nel 1890 circa, il secondo da Arnold Genthe nel 1923 . È possibile oggi ammirare, presso la Prioria del Vittoriale, il primo ritratto, quello della giovinezza, nella Stanza del Lebbroso, mentre quello di Genthe nella Veranda dell’Apollino, collocate entrambe ai lati del ritratto della madre del Vate, come a voler simboleggiare l’importanza di Eleonora quale angelo custode e donna della sua vita (insieme alla madre, ovviamente!).


Lui stesso commissiona ad Arrigo Minerbi un calco del volto di Eleonora Duse, denominato “Testimone velata”, sul quale è posto un velo di seta che è abbassato o alzato secondo il suo umore, e fa realizzare, da un autore sconosciuto, la riproduzione in marmo di Carrara della mano sinistra dell’attrice, riportante la dicitura «Main de M.me Duse». Ma al loro travagliato amore Guerrieri dedica un’intera sala, la quarta.

Calco in gesso della mano di Eleonora Duse

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