Eleonora Duse
II Sala. La Compagnia Città di Torino

II Sala. La Compagnia Città di Torino

La seconda sala è suddivisa in tre parti: Primo incontro col Sud, dedicata al periodo della permanenza di Eleonora a Napoli; A Torino al Carignano destinata al suo passaggio alla Compagnia di Rossi e infine Vita privata.

Guerrieri individua come anno cruciale per la carriera di Eleonora Duse il 1878. Nei primi tre mesi dell’anno cambia quattro compagnie: a gennaio è con la Pezzana-Brunetti, lasciata a fine mese col padre in favore della compagnia Ettore Dondini- Piamonti e Drago. Ma anche questa compagnia si spacca subito in due, e Adolfo Drago scrittura Eleonora come seconda donna; il 9 marzo dello stesso anno la prima attrice, Giulia Gritti, si ammala ed è costretta a lasciare la compagnia, permettendo così alla Duse di mettersi in mostra come prima donna. Questo è l’inizio della carriera vera e propria: Eleonora diviene così in Italia la seconda attrice in grado di eccellere nel dramma, dopo Virginia Marini (la Pezzana recita ormai quasi unicamente all’estero). La stampa spende parole di elogio per le interpretazioni di Eleonora Duse, soprattutto per l’Amleto, interpretato da Drago e scrive che «la signorina Duse fu un’Ofelia perfetta di grazia, di fini accorgimenti, di artistica verità».
Nonostante il successo, Eleonora torna a settembre con la compagnia Ciotti-Belli-Blanes, decisione presa molto probabilmente in seguito alla guarigione della Gritti, e con questa si reca a Napoli, per una tournée prevista dal 31 ottobre al 23 dicembre. È in una di queste sere che il giornalista Martino Cafiero la nota e ne scrive gli elogi sul «Corriere del Mattino», e in una recita la osserva anche Giovanni Emanuel, che le offre il posto di prima attrice nella nuova compagnia Stabile del Teatro dei Fiorentini . E così Eleonora non riparte con la compagnia Ciotti-Belli-Blanes, ma rimane col padre a Napoli .
Non è casuale la permanenza di Eleonora a Napoli nel 1879. In quegli anni a Napoli vi erano stati due tentativi di dar vita a compagnie stabili all’interno di due teatri: il Sannazaro e il Teatro dei Fiorentini. La stabilità degli attori avrebbe permesso loro di dedicare più tempo all’affinamento della propria arte e alle prove con gli altri attori. I due teatri quindi iniziarono a farsi la concorrenza per strappare all’altro il primato di essere il teatro di riferimento per la prosa.
Un aneddoto su tutti è esemplificativo per ricostruire il contesto sociale e l’ambiente culturale dell’ex capitale borbonica, e soprattutto della “guerra” tra i due teatri.
All’epoca la Principessa di Santobuono, mecenate del teatro napoletano, offre agli impresari di Giovanni Emanuel, De Vivo e De Majo, il Teatro dei Fiorentini, di cui era proprietaria, e incarica Emanuel di fondarvi una compagnia stabile. In quel periodo Emanuel metteva in scena le opere di Zola – interessato alla recitazione naturalista – ed era considerato il successore di Tommaso Salvini.
La prima ad essere scritturata è Giacinta Pezzana, tornata trionfale dalla tournée americana dove aveva interpretato Amleto di Shakespeare, dando prova di una rara bravura. Ad Eleonora spetta il ruolo di prima donna giovane.
Il 21 gennaio 1879 il Sannazaro annuncia per quell’anno ben 256 recite, di cui 50 inedite, e vanta l’avvicendamento delle cinque compagnie italiane più importanti, la prima delle quali era proprio la Ciotti-Belli Blanes-Gritti, con Eleonora Duse. Non tarda la risposta del Teatro dei Fiorentini: promettono per lo stesso periodo 296 spettacoli, di cui 59 novità, e una compagnia completamente stabile con Pezzana, Emanuel ed Eleonora Duse. Il nome di quest’ultima quindi risulta su entrambi i manifesti, e perciò la Ciotti-Belli Blanes-Gritti minaccia l’attrice di intentarle causa e riferisce ai giornali di farle pagare una penale di 5.000 lire. Lei allora fa sapere i primi di febbraio, sempre per mezzo stampa, di aver sciolto il proprio contratto con i Ciotti e Belli Blanes previa multa di 3.100 lire.

Ritratto di Giovanni Emanuel

Il 4 marzo quindi la Compagnia dei Fiorentini esordisce al Capranica di Roma, e il 17 dello stesso mese debutta a Napoli con La signora delle camelie, con Pezzana nel ruolo di Margherita. Eleonora invece, dopo i primi ruoli secondari, si distingue il 27 aprile quando va in scena l’Oreste di Alfieri, in cui veste i panni di Elettra, ed è particolarmente apprezzata. Ma a maggio la situazione precipita: il 6 i giornali annunciano la stipula di un contratto triennale firmato da Pezzana con Cesare Rossi con la Compagnia della Città di Torino e il 24 Emanuel abbandona la compagnia, seguito dagli impresari De Vivo e De Majo. Dopo due mesi sfortunati in cui le novità proposte non sono all’altezza delle aspettative e gli spettacoli “classici” come l’Otello non riscuotono il favore del pubblico, la Compagnia dei Fiorentini inizia ad attirare le critiche negative della stampa, ma all’improvviso arriva un colpo di fortuna. In quel giugno il critico Francesco De Sanctis organizza un ciclo di conferenze su Emile Zola, riscontrando un notevole successo e un gran riscontro di pubblico, tra cui molto probabilmente c’è Giacinta Pezzana. Quest’ultima pretende allora di portare sulla scena il dramma Teresa Raquin, la cui prima è il 27 luglio: lei interpreta il ruolo dell’anziana zia di Teresa, l’amante colpevole, a sua volta interpretata da Duse. È un successo. Lavorare accanto a Giacinta Pezzana «ispira alla giovane Eleonora la duttilità dell’esprimersi tra naturalezza e artificio, e le insegna il linguaggio dei gesti minuti e fitti; insomma, le trasmette la certezza che una grande artista debba emanare una fascinazione in grado di far tremare le vene nei polsi».
Dopo questa fortunata rappresentazione, il capocomico Cesare Rossi scrittura per l’anno successivo Eleonora come seconda donna e Pezzana come prima.
Guerrieri nota come nonostante quasi nessuno abbia visto Teresa Raquin, questo divenne uno dei personaggi leggendari interpretatati da Eleonora Duse (la quale si rifiutò di riprenderlo anche quando nel 1897 glielo propose lo stesso Emile Zola). Questo è il primo di una lunga serie di Femme Fatale portate in scena da Duse e che la renderanno famosa negli anni Ottanta, dopo la consacrazione per la Moglie di Claudio.
Ma nonostante il favore del pubblico riscontrato per il dramma di Zola, la Principessa di Santobuono pretende di continuare con il vecchio repertorio stantio, suscitando le polemiche e gli attacchi di Verdinois sul «Corriere del Mattino» in primis, il quale si vede, come conseguenza, ritirare la tessera dalla Principessa inviperita, il cui gesto provoca ovviamente la conseguente diserzione del pubblico al Teatro dei Fiorentini .
Data la situazione, il 23 dicembre Eleonora Duse annuncia, con una lettera indirizzata al direttore dell’«Arte drammatica», di aver firmato un contratto con il capocomico Cesare Rossi in qualità di seconda donna, col diritto alle parti di prima attrice qualora non lo ricoprisse Giacinta Pezzana.
A fine anno la compagnia Rossi porta in scena Fernarda di Victor Sardou, con Pezzana nelle vesti di Clotilde e Duse di Giorgina. Anche questa interpretazione colpisce il pubblico, e soprattutto la naturalezza della recitazione di Eleonora.

La decisione di rimanere nel capoluogo campano non è frutto unicamente di scelte artistiche e professionali. A Napoli Duse si lega sentimentalmente al giornalista Martino Cafiero, che non l’amò mai realmente e di cui rimane incinta. Recita fino al nono mese per mettere da parte i soldi per andare a partorire a Pisa. Ma il bimbo muore poco dopo la nascita e un mese dopo Eleonora lascia Cafiero.

Le immagini selezionate per la postazione dedicata alla Compagnia di Torino sono dieci, tra ritratti e caricature, di Eleonora Duse, Cesare Rossi, Flavio Andò, Tebaldo Checchi, Claudio e Teresina Leigheb e Diotti.
Il sottofondo alla fruizione di questa parte di sala prevede musica napoletana.
Il periodo napoletano introduce Eleonora Duse nell’ambiente letterario, dove conosce e frequenta Matilde Serao e Federigo Verdinois, tutti volti che si susseguono nel “carousel” insieme a quello dei componenti della Compagnia del Teatro dei Fiorentini, Roberto Bracco, Emile Zola, Francesco De Sanctis e Duse nei panni di Teresa Raquin.
Con le immagini di Eleonora e del suo «primo amore» Martino Cafiero si conclude questa prima parte della sala.

La colonna sonora del percorso espositivo della seconda sala inizia con la lettura di uno scritto di Primoli, recitato da Mario Prosperi; di stralci di lettere inviate da Eleonora a Cafiero lette da Valeria Moricone e infine un ritratto di Martino Cafiero stilato da Federico Verdinois (da Ricordi di un giornalista), declamato da Mario Prosperi. Dalla scelta di questi brani si evince la stroncatura umana senz’appello effettuata da Guerrieri su Cafiero.

La seconda parte della sala è dedicata agli anni Ottanta, nello specifico al periodo che va dal 1880 al 1886.
Nel 1880 Eleonora, dopo aver firmato il contratto con Cesare Rossi, inizia a recitare con la Compagnia Città di Torino, ma sempre all’ombra di Giacinta Pezzana. L’occasione si presenta a Duse l’anno successivo, quando Pezzana scioglie il contratto per tornare a recitare da sola, e lei diviene così prima attrice. Eleonora convince Rossi a riportare sulla scena La Principessa di Bagdad, la commedia di Dumas appena interpretata da Pezzana, ma a differenza del suo clamoroso fiasco, lei ottiene un trionfo straordinario.
Guerrieri evidenzia come questi personaggi di donne fuori dagli schemi, e soprattutto le donne create da Dumas, calzino a pennello a Duse, perché in esse riversa la sua triste esperienza, le sue ferite e le sue umiliazioni, «recitava quei personaggi negativi in quella società conformista col gusto di provocare lo scandalo, come una protesta, una sfida all’ipocrisia, una dichiarazione di non conformismo». Dopo questa del 1881, interpreta l’anno successivo altri tre personaggi di Dumas in La signora delle Camelie, Visita di nozze e La moglie di Claudio.
Con Margherita Gauthier infatti rivive l’amore assoluto e la sua perdita, nella Lidia de Morance di Visita di nozze l’amarezza per l’abbandono e in Cesarina la cattiveria scaturita in seguito alla perdita del figlio.
In una lettera indirizzata a Primoli, Eleonora stessa definisce questi personaggi come autoritratti, affermando “Una volta ero Jeannine Aubray, ora sono Lidia de Morance”.
Secondo Guerrieri la pièce che più si identifica con Duse è Denise di Dumas, in quanto l’attrice rivive sul palcoscenico il dramma della perdita del figlio di Cafiero, morto nel 1881 subito dopo il parto. È stato Primoli a convincere lo scrittore francese a scrivere la commedia appositamente per Eleonora, dopo avergli raccontato la tragedia personale da lei vissuta, e sempre lui la traduce dal francese per l’amica. Il 14 marzo 1885 Denise è presentata in prima mondiale al Teatro Valle di Roma , nonostante l’indisposizione fisica di Eleonora, e l’immedesimazione nel personaggio la porta realmente a piangere e a singhiozzare sul palco.
Il 1882 è l’anno dell’arrivo di Sarah Bernharndt in Italia, dove nel febbraio recita al Teatro di Carignano di Torino, quello di Eleonora, dove ha potuto ammirarla ne La signora delle camelie, in Frou-Frou, nella Sfinge e in Adriana Lecouvreur. All’epoca Sarah ha 37 anni ed è la diva internazionale del teatro, Eleonora, ventiquattrenne, non può ancora competere con lei, ma senz’altro ne rimane colpita se decide di fare de La signora delle camelie e di Frou-Frou i suoi cavalli di battaglia, e l’interpretazione in Adriana Lecouvreur a Parigi nel 1898 le fa guadagnare l’appellativo de “la Bernhardt italiana”. Guerrieri però precisa che la Duse è paragonata anche ad Aimée-Olympe Desclée, l’attrice parigina morta nel 1874, famosa creatrice di Frou-frou di Meilhac e Halévy nel 1869 e della Femme de Claude nel 1873.

Sarah Bernhardt nel ruolo di Margherita Gautier, in La Dame aux Camélias, tournées americana. Fotografia di Napoleon Sarony (1880)

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Lo strepitoso successo della tournée dell’attrice francese convince Eleonora ad emanciparsi da Cesare Rossi e ad imporre le sue scelte sul repertorio. Rossi infatti predilige la commedie di provincia come quelle di Tommaso Gherardi del Testa, mentre Eleonora preferisce le donne moderne, passionali e aggressive, a volte cattive, ma sempre fatali, proprio come quelle create dalla penna di Dumas figlio.
Sul rapporto tra Duse e Bernhardt sono stati spesi fiumi d’inchiostro, essendo diventato un topos della critica dusiana. Come ad ogni diva che si rispetti, anche la biografia dusiana risente di alcuni “ritocchi” inventati ad hoc per contribuire alla creazione del suo mito. Quella che oggi verrebbe definita una “campagna pubblicitaria”, si deve al conte Primoli, il quale, come già accennato, aveva posposto l’anno della nascita di Eleonora.

La signora delle camelie è lo spettacolo che più si presta alla comparazione tra Bernhardt e Duse, sia perché questa è la rappresentazione che da sempre attira un largo pubblico, e quindi è stata quella più rappresentata, ma soprattutto per l’esistenza della documentazione fotografica, la quale permette un’attenta analisi gestuale.
Sarah Bernhardt veste per la prima volta i panni di Marguerite Gautier nel novembre 1880 al Booth Theatre di New York, che ripropone al suo rientro in patria a Le Havre nel maggio dell’anno successivo. Fin da subito La signora delle camelie diviene la pièce preferita dal pubblico e Sarah Bernhardt la personificazione del personaggio dumasiano. Quando l’attrice francese debutta con quest’opera al Carignano di Torino ̶ proprio quel teatro in cui Duse figura come prima donna nella compagnia di Cesare Rossi ̶ Eleonora le concede di utilizzare il suo camerino, gentilezza che le verrà ricambiata nel 1897, quando sarà lei a presentare per la prima volta La signora delle camelie al Théâtre de la Renaissance a Parigi. Quel giugno l’attrice francese mette a disposizione di Eleonora il suo teatro per due settimane, per presentare, oltre alla suddetta opera dumasiana, anche la prima dannunziana Il Sogno di un mattino di primavera, la storia di una donna impazzita perché ha vegliato l’amante morto per una notte assorbendone il sangue. Le interpretazioni di Eleonora Duse diventano famose per la sua capacità di discostarsi da quelle altrui, la sua genialità è riscontrabile nell’abilità drammaturgica di riadattare i testi immedesimandosi nelle intenzioni dell’autore. Sarah Bernhardt invece costruisce «una struttura dinamica ritmico-emozionale fondata sulle regole del mélo, che sono da lei non solo incorporate ma come sublimate e decantate, portate alle estreme conseguenze».
L’artista parigina è quindi nota per l’amplificazione dei gesti, come si evince guardando le sue fotografie, mentre Eleonora Duse adotta una recitazione naturale, intima, dai gesti contenuti, proprio come è solita fare anche nella vita privata: fuori dalla scena preferisce nascondersi invece di apparire, raramente la si vede in pubblico e non rilascia interviste.
Il pathos de La signora delle camelie si raggiunge con la morte di Marguerite, scena in cui si discosta maggiormente l’interpretazione delle due attrici. Bernhardt nel momento dell’avvicinamento della morte amplifica la recitazione introducendo un accompagnamento musicale, con l’intento di straniare il pubblico; «la Marguerite Gautier di Sarah Bernhardt non è la vittima sacrificale di Dumas, nemmeno semplicemente una “famme fatale”, ma una maga Circe che soggioga Armando attraverso i sensi e dea della metamorfosi».
Osservando invece le celebri fotografie scattate da Paul Audouard, Eleonora è ritratta seduta o appoggiata al letto con in mano la lettera inviata da George Duval, solo in una compare sul letto di morte. Questo perché la punta massima di tensione si è già dissolta nelle scene precedenti, nelle immagini in cui lei appare con lo sguardo basso, i piedi fermi a terra e i gomiti poggiati sulle ginocchia.

Eleonora Duse nel ruolo di Margherita Gautier, nel dramma La dame aux camélias di Alexandre Dumas figlio. Fotografia di Paul Audouard (1882)

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Solo una volta le due dive recitano insieme: il 14 giugno in una serata in onore di Dumas: Eleonora porta in scena il secondo atto de La moglie di Claudio, Sarah il quarto e quinto atto della Dame aux camélias.
Quando nel 1905 Eleonora torna a Parigi con l’impresario Aurélien Lugné-Poe, decide di utilizzare il Théâtre de L’Oeuvre, teatro di quest’ultimo e avamposto del Simbolismo, irritando così Sarah Bernhardt per non essere tornata al “suo” Théâtre de la Renaissance. Il motivo non è frutto unicamente del possibile astio provato dalle due attrici, ma è riscontrabile nel desiderio di Eleonora di dar vita ad un teatro sperimentale e d’avanguardia, puro e ideale.
Il 3 maggio 1897 Duse e compagnia sono invitati ad una manifestazione ufficiale in suo onore dalla Comédie Française, dove lei si presenta accompagnata unicamente dal conte Primoli, suscitando così il disappunto non solo della sua compagnia, ma anche dei colleghi francesi.

Nel “carousel” della seconda postazione, oltre al ritratto di Dumas, vi sono le foto di Sarah Bernhard, da quelle di lei sul suo treno a quelle dell’interpretazione de La signora delle camelie, insieme a quelle di Duse, le interpretazioni dusiane in Fernanda, Frou-Frou, Fedora, Pamela nubile, Gli innamorati, La locandiera (commedia a cui rimarrà sempre legata, e che quindi rimarrà una costante nel suo repertorio, forse a riprova del suo legame con le proprie origini, partendo proprio dal nonno Luigi, morto quattro anni prima della sua nascita), Cavalleria Rusticana, Denise, Visita di nozze, Odette, Scrollina, Moglie ideale, un ritratto di Sardou e uno di Verga. Concludono l’allestimento di questa postazione la splendida serie di scatti realizzati da Bettini. Si propongono qui anche le locandine dei vari spettacoli.
La colonna di accompagnamento invece consta della lettura di alcuni brani, tratti da La principessa di Bagdad, La moglie di Claudio, La signora delle camelie, la cui lettura è affidata a Mario Prosperi e Valeria Moriconi.

La terza parte della sala è dedicata alla vita privata dell’attrice.
Nell’autunno del 1881 sposa l’attore Tebaldo Checchi, già incinta di Enrichetta, che nasce nel gennaio successivo. Ma anche questa unione non è destinata a durare, e lei stessa si chiederà, in una lettera indirizzata a Primoli nel 1883, “Perché mi sono sposata?”

Ritratto di Tebaldo Marchetti, in arte Checchi (1882 circa)

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Probabilmente sulla fine del matrimonio ha influito anche la relazione con il primattore della sua compagnia Flavio Andò. Durante la tournée della compagnia in Sud America, Tebaldo decide di non tornare in Italia e di cambiare vita, diventando console in Argentina. In una lettera da lui inviata al marchese Francesco D’Arcais, suo amico giornalista, datata 27 agosto 1885, dichiara di non rimproverarsi nulla e di non aver fatto mai mancare nulla alla moglie e anzi la accusa di dar adito alle maldicenze sul suo conto, di inseguire il successo e di ricevere una cattiva influenza dalle letture delle biografie di Rachel, Desclée e di Sarah Bernhardt. Checchi muore a Lisbona, dove viveva in qualità di console, e Duse rifiuta la pensione annua di 313 pesos offertole dal Governo argentino.
Quanto ad Enrichetta, i sentimenti provati dall’attrice sono stati sempre contrastanti, e spesso accusa la figlia di essere un ostacolo alla sua carriera e un freno alle sue ambizioni. Sarà Boito a convincerla che la scelta migliore sia mandare Enrichetta in collegio, quando nell’estate del 1897 gli scrive che la tisi che aveva colpito la figlia era segno di cattivo destino per impedirle di realizzare La città morta.
Il “carousel” di quest’ultima parte di sala prevede alcune fotografie scattate dal conte Primoli; immagini di Roma e del Teatro Valle; di Eleonora che interpreta Denise (Dionisia); di Adelaide Ristori che recita a corte dalla Regina; fotografie della compagnia in tournée in Sud America, la stessa in cui nel 1885 Tebaldo lascia Eleonora.
La colonna sonora invece prevede una lettura di lettere dall’epistolario Duse-Primoli, declamate da Mario Prosperi e Valeria Moricone.